mercoledì 26 maggio 2010

Marcialonga Cycling - Lo sforzo fisico

La Marcialonga Cycling è una gran fondo con due tracciati, il corto da 80 km e 1894 metri di dislivello da superare, invece il lungo sono 135 km ma il dislivello sale a 3279 metri.
Logicamente lo sforzo fisico che si ha con un tracciato sarà molto diverso dall'altro, ma che unisce i due percorsi è lo sforzo fisico che si compie, nel lungo è composto dal corto più l'ulteriore fatica per fare altri due passi dolomitici. Quindi lo sforzo fatto per il tracciato da 80 km non è altro che l'inizio di quello da 135 km.
Tutto inizia con l'attesa della partenza in griglia, puoi fare del riscaldamento ma viene vanificato dall'attesa che si fa aspettando la partenza, si è li fermi e al mattino presto non fa di certo tanto caldo e quindi riscaldamento si ma senza sudare e con vario stretching.
La partenza è già adrenalina pura, sei li fermo e i battiti salgono man mano che diminuiscono i minuti che mancano allo sparo, arriva l'elicottero con la stampa che ti continua a sorvolare più volte e ti rendi conto ancora di più che stai facendo parte di un grande evento sportivo, la musica ad effetto che ti fa capire che manca poco allo sparo . . . . VIA!!!!
Da quello sparo cambia tutto, una decina di pedalate e parte tutta la tensione del pre-gara svanisce e inizia l'avventura. I primi 15 km sono in un leggerissimo falsopiano a volte in salita a volte in discesa e qui che si fa il vero e proprio riscaldamento, tanto si è in gruppo e tenendo la ruota non si fa neanche tanta fatica a tenere l'andatura forzata dei primi. I prossimi 5 km circa sono di salita, ma per niente difficile, ci sono solo 200 metri che impegnano più del resto, e qui non si fa ancora fatica vera e propria, ma si iniziano ad alzare i battiti, ma arrivati a San Lugano, si chiude la cerniera della mantellina e via per una decina di minuti scarsi di discesa che non provocano nessun sforzo fisico ma ti da un grosso impegno di attenzione, si fanno rettilinei a 70/80km/h e curve abbastanza veloci, qui è richiesta molta attenzione al tracciato.
Al chilometro 28 e 600 metri di tracciato è il punto della prima e vera salita della giornata, 10,6 km di lunghezza per 660 metri di dislivello per arrivare a Monte San Pietro. I primi 4.5 km con una pendenza media del 9.5% sono costanti e non ti fanno respirare, obiettivo è trovare il passo giusto, qui c'è uno sforzo notevole, i quadricipiti richiedono tanto sangue ossigenato e il cuore deve forniglielo, quindi in questo tratto sono costantemente alti anche i battiti. Qui si inizia a bruciare energie accumulate nelle ore precedenti e il sudore porta via sali minerali e liquidi. Arrivati ad Aldino si può prendere fiato, ma solo per qualche metro e poi continua fino al settimo chilometro di questa ascesa dove finalmente le pendenze si
attenuano. A questo punto della gara siamo già in debito di liquidi e quindi è importante bere per non rimanere all'asciutto, altrimenti nelle prossime salite i muscoli si ingrippano e arrivano i crampi, magari si può anche mangiare un quadretto di cioccolato, che non fa male!
Circa al chilometro 34 della Marcialonga Cycling inizia lo strappo di 2 km che porta a Monte San Pietro, meno impegnativo che la salita di Aldino, poi 3 km di discesa, 4 km di salita e ancora 3 km di discesa. Questo altalenare tra discesa e salita fa in modo di smaltire l'acido l'attico della lunga salita precedente, ma non vuol dire che non dia impegno, anzi, la prima discesa e abbastanza tranquilla ma ci sono alcune curve insidiose e di solito c'è una sacca di aria fredda che ti fa ricordare l'inverno appena passato. Poi la salita di Nova Ponente, che la si attraversa a metà dei 4 km, con una pendenza media del 4.8% senza troppi sforzi da modo anche di magiare ancora un quadretto di cioccolato e bere qualche sorso prima della discesa che porta a Novale. Questa discesa è molto ripida e li di solito tocco la velocità più alta proprio nel primo rettilineo, in questo tratto si deve continuare a pedalare perché l'impatto con il primo tratto di salita è veramente brusco, quindi tenendo in movimento le gambe non si ha il rischi di !imballarle! appena si inizia la salita.
Ed è proprio una bella salita, sono 8 km con una pendenza media del 8.7% ma i primi 4 km hanno un pendenza di 12% media con una massima di 18%, Fino a Novale si è intorno hai 9% ma da Novale al ponte del Rio della Pala la pendenza è tosta, anche qui l'importante è prendere il proprio passo e procedere costantemente, ormai c'è anche le fatiche precedenti che si fanno sentire, qui se non si ha reintegrato liquidi e mangiato qualcosa si rischia di entrare in crisi prima di scollinare, appena si passa il secondo ponte si capisce che le pendenze ti fanno respirare e puoi mettere qualche dente in più sul pignone e riprendere fiato ma arrivare al passo bisogna fare ancora fatica e non poca. Quando si vede il cartello del benvenuto nella provincia di Trento si può iniziare a pensare alla discesa che porta a Tesero. Qui per chi fa il lungo bisogna mangiare qualcosa e bere, si ha tutta la discesa e il tratto quasi pianeggiante che porta a Predazzo per fare in modo che il sangue circoli meglio nell'apparato digerente e si agevoli la digestione che in un tratto impegnativo, come una salita, non può dare perché la circolazione è concentrata sulle gambe.
La discesa è impegnativa e veloce ma non troppo difficile, poi da Tesero a Predazzo un falsopiano in discesa aiuta a recuperare qualche energia. Dalla prima rotonda di Predazzo fino a Moena c'è una leggera salita che però con gli 80 km fatti fino a li si fa sentire, ma a Moena curva a destra e si ricomincia a salire, ma a salire con la "S" maiuscola, 12 km con una pendenza media del 7% e una massima del 14%. Questa è una salita che offre il peggio all'inizio ma che verso la fine ti saluta con dolcezza, ma da dopo l'impianti del Lusia fino al centro del fondo di Alochet una bella tratta faticosa. Si fa fatica a trovare il passo giusto perché la stanchezza non facilita le cose e la pendenza iniziale è tosta, ma solo dopo due chilometri c'è un tratto di quasi piano che ti da modo di riposare, bere e poi devi subito
riconcentrarti a salire. In queste salite interminabili la stanchezza fa brutti scherzi, inizi a sentire ogni pedalata che fai, quasi le conti, ogni goccia di sudore, ogni albero che passi, ma la determinazione di portare a termine un evento ti fa guardare avanti e cerchi di concentrati sulla forza che ancora hai. L'ultimo chilometro è tranquillo e ti da modo di dissetarti e quando arrivi in cima al Passo San Pellegrino fermarsi un istante all'ottimo ristoro non è di certo una perdita di tempo, anzi.
La discesa che viene subito dopo è molto pericolosa. Grosse pendenze, tornati stretti ma soprattutto stanchezza. Si parte con lunghi rettilinei  e forti velocità, fino ad arrivare ai tornanti stretti e ripidi, si arriva anche al 18% di pendenza, bisogna tenere le gambe in movimento altrimenti l'acido lattico le inchioda appena riparti con la salita. 
In questa salita la fatica si fa sentire e non solo quella, ormai bisogna salire non come si vorrebbe ma con le forze che restano lo consentono, non è più il fisico che ti fa andare avanti ma la forza di volontà che è in ogni gran fondista. Questa è una salita che costante e intorno al'8.6% di media con una pendenza massima di 19% che è un piccolo strappo. Inizialmente è abbastanza dura con pendenze intorno all'11% ma dopo va via regolare, a metà ci sono dei tornanti e il pezzo finale costeggia la valle ad è visibile la fine della salita. Se non si ha mangiato in precedenza la fame inizia a far male e in questa salita hai bisogno di forze fresche perché quelle che si aveva accumulato ormai sono rimaste nelle salite precedenti, anche on il bere vale lo stesso discorso, qui i crampi è facile farli venire, ma se ci si disseta correttamente per tutta la gara si va via senza intoppi.
Arrivati al Passo Valles (2035m) si può dire che le grandi fatiche sono passate, ci sono 22 km di discesa più o meno ripida e con tornanti, alcuni non hanno piena visuale della strada e quindi bisogna stare attenti, alcuni tratti ancora che bisogna pedalare, come quello che costeggia il Lago di Fortebuso. Gli ultimi due chilometri sono in falsopiano in salita ma i precedenti chilometri di discesa hanno fatto in modo di recuperare per poter spingere ancora sui pedali e poter passare sotto il tanto amato striscione dell'arrivo e fermare il tempo della fatica e iniziare quello dei defaticamento seguito dal riposo.
Questo è il racconto di un ciclista che non potrà mai vincere la Marcialonga Cycling ma che la vuole farla in tutto il suo splendore e bellezza con tanta passione e lottare con il tempo personale, godersi il bellissimo spirito che Marcialonga ha nel suo DNA, e se magari guadagna qualche minuto rispetto l'anno precedente, la soddisfazione di aver battuto un record personale.
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